Beata Halassy, una virologa che si è autocurata dal cancro con un vaccino ed un virus?

19 Novembre 2024

La storia di Beata Halassy e il dibattito etico sulla sua auto-sperimentazione.

Un caso medico ha scosso la comunità scientifica e acceso un dibattito sull'etica della ricerca. Beata Halassy, una virologa di 50 anni dell'Università di Zagabria, si è auto-somministrata una terapia a base di virus per curare un tumore al seno, una terza recidiva particolarmente aggressiva e resistente alla chemioterapia. La sua storia, pubblicata in un articolo scientifico, ha suscitato grande interesse ma anche molte critiche.

La terapia virale: un approccio innovativo al cancro

Beata Halassy, secondo quanto riportato nell'articolo scientifico da lei pubblicato, ha utilizzato due tipi di virus per la sua terapia: il virus del morbillo, nello specifico il ceppo vaccinale Edmonston-Zagreb, e il virus della stomatite vescicolare. Il primo è stato somministrato per tre settimane, con sette applicazioni a intervalli di 3-4 giorni. Successivamente, ha introdotto il virus della stomatite vescicolare, con tre applicazioni distribuite in due settimane. La scelta di utilizzare due virus differenti in sequenza è stata dettata dalla volontà di minimizzare l'effetto degli anticorpi neutralizzanti che l'organismo avrebbe potuto sviluppare contro il primo virus, riducendo l'efficacia della terapia.

Entrambi i virus, come spiegato nell'articolo, sono noti per la loro capacità di infettare le cellule epiteliali, il tipo di cellule di cui è composto il tumore al seno. Inoltre, il ceppo Edmonston-Zagreb del virus del morbillo è utilizzato da oltre 40 anni nei vaccini pediatrici e presenta un profilo di sicurezza consolidato.

La somministrazione dei virus è avvenuta direttamente all'interno del tumore, per via intratumorale, con l'obiettivo di mantenere una concentrazione elevata di virus infettivi nel microambiente tumorale. La procedura prevedeva iniezioni multiple e ripetute nel tempo, per un totale di sette applicazioni per il virus del morbillo e tre per il virus della stomatite vescicolare.

La controversa terapia oncologica: virus contro il cancro

Questo approccio intensivo, seppur condotto in un singolo caso e privo di un protocollo clinico standard, ha portato a una significativa riduzione del tumore e alla sua successiva asportazione chirurgica. L'analisi del tessuto tumorale ha evidenziato una forte infiltrazione di linfociti, suggerendo un'attivazione del sistema immunitario contro il cancro.

La storia di Halassy, seppur straordinaria, solleva importanti questioni etiche e scientifiche. È lecito per uno scienziato auto-sperimentarsi? E quali sono i rischi di una terapia non ancora validata su un numero significativo di pazienti? significativo di pazienti?

Un caso singolare, un dilemma complesso

Da un punto di vista etico, la questione è complessa. Giacomo Moro Mauretto, nel suo video, sottolinea come l'auto-sperimentazione, pur essendo stata praticata in passato da molti scienziati, sollevi dubbi sulla validità dei risultati. Nel caso di Halassy, l'assenza di un protocollo clinico standard e di un gruppo di controllo non permette di escludere l'influenza di altri fattori sulla guarigione.

Inoltre, la somministrazione di una terapia non ancora validata su un numero significativo di pazienti comporta rischi potenzialmente gravi. Come sottolineato da Halassy stessa nell'articolo, i virus utilizzati, pur essendo noti per la loro relativa sicurezza, non erano stati sottoposti a tutti i controlli e le procedure di purificazione previsti per un farmaco destinato all'uso clinico.

La storia di Halassy, seppur straordinaria, non può essere considerata, per ora, una prova scientifica dell'efficacia della terapia virale oncologica. È necessario condurre studi clinici rigorosi e controllati per valutare la sicurezza e l'efficacia di questo tipo di trattamento. Il suo caso, tuttavia, apre nuove prospettive e stimola la ricerca in un campo che potrebbe rivoluzionare la lotta contro il cancro.

Risultati promettenti ed incognite future

Nonostante l'ottimismo, è fondamentale ricordare che questo è un caso isolato e non può essere considerato una prova definitiva dell'efficacia della terapia virale oncologica. La storia di Halassy, come sottolineato da Giacomo di Entropy for Life, pone interrogativi cruciali sull'etica dell'auto-sperimentazione e sui potenziali conflitti di interesse. Solo studi clinici rigorosi, condotti su un ampio numero di pazienti, potranno stabilire con certezza l'efficacia e la sicurezza di questa promettente terapia.

La ricerca sui virus oncolitici continua, con l'obiettivo di trasformare queste premesse in una realtà clinica consolidata. La sfida è ardua, ma la speranza è che un giorno i virus possano diventare armi potenti ed efficaci contro il cancro.

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