Queste false narrazioni, simili alla teoria del complotto "Pizzagate" che aveva colpito Hillary Clinton negli Stati Uniti, accusano Olena Zelenska, moglie del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, di essere coinvolta in una rete di traffico di minori attraverso la sua fondazione. Il documento da cui prendiamo spunto, redatto nell'ambito di un progetto finanziato dall'Unione Europea e coordinato dall'Università di Tartu, analizza queste campagne di disinformazione e il loro impatto globale.
La teoria del complotto che coinvolge Olena Zelenska ha preso piede grazie a canali di disinformazione collegati al Cremlino, che hanno diffuso falsità in Europa e America Latina. La narrazione riprende il modello del "Pizzagate" americano, insinuando che la fondazione di Zelenska traffichi minori ucraini verso reti pedofile occidentali. Questa storia, del tutto infondata, è stata rilanciata da vari siti web e account sui social media, con lo scopo di screditare il governo ucraino.
Le tecniche utilizzate per diffondere la fake news riguardante Olena Zelenska seguono un modello strategico ben definito. In primo luogo, vengono creati falsi video testimonianza che vengono caricati su piattaforme come YouTube. Questi video, che spesso rappresentano presunte "esclusive", vengono poi utilizzati come fonti da siti web che fingono di essere testate giornalistiche affidabili. Un esempio di questo schema è il caso del presunto giornalista "Robert Schmidt", il cui unico video caricato su YouTube è stato successivamente rimosso dalla piattaforma, ma non prima di essere ripreso da vari siti web che lo hanno diffuso in diverse lingue.
Inoltre, la disinformazione viene amplificata attraverso l'uso di bot e account fasulli sui social media, che contribuiscono a far emergere la narrazione come un tema di tendenza, creando un'apparenza di legittimità. Questo approccio non solo aumenta la visibilità del contenuto, ma incoraggia anche altri utenti a unirsi alla diffusione della falsa notizia. Le piattaforme coinvolte in queste campagne includono, oltre a YouTube, anche social network come TikTok e Twitter (ora X), dove immagini manipolate vengono condivise con commenti allarmistici per attrarre l'attenzione del pubblico.
Queste tecniche, combinate con una strategia di traduzione e ripubblicazione in più lingue e paesi, consentono alle campagne di disinformazione di raggiungere un pubblico globale in tempi molto brevi.
Il documento evidenzia come l'Ucraina sia stata oggetto di numerose campagne di disinformazione, ciascuna progettata per minare la credibilità del paese e dei suoi leader. Una delle narrazioni più pericolose è quella che sostiene falsamente che l'Ucraina stia inviando bambini e donne incinte a combattere al fronte. Questo racconto è stato ampiamente smentito, dimostrando che, sebbene le donne possano arruolarsi volontariamente, non vengono mai coinvolte in combattimenti se sono incinte. Tuttavia, questa disinformazione continua a circolare, alimentando false percezioni sulla condotta dell'esercito ucraino.
Un altro esempio di disinformazione è legato a Marianna Vyshemirsky, una donna incinta sopravvissuta a un attacco a Mariupol, che è stata accusata ingiustamente di recitare la sua esperienza. Questa narrazione rientra in una strategia più ampia di negazione della guerra, volta a sminuire le sofferenze reali subite dalla popolazione ucraina e a minimizzare le responsabilità delle forze russe.
Parallelamente, vi sono anche campagne di disinformazione che sessualizzano le donne ucraine, suggerendo falsamente che siano costrette a raccogliere fondi attraverso la vendita di foto intime. Questo tipo di disinformazione sfrutta stereotipi di genere per screditare le donne coinvolte nel conflitto, presentandole come oggetti sessuali piuttosto che come individui con ruoli significativi.
Inoltre, si diffondono teorie complottiste che accusano l'Ucraina di traffico di organi e di bambini, sostenendo che minori ucraini accolti in Europa siano stati coinvolti in reti di traffico illegale. Questa narrazione, anch'essa senza fondamento, viene amplificata da siti web legati alla Russia e mira a seminare paura e sfiducia, sia nei confronti del governo ucraino sia nelle istituzioni europee che lo sostengono.
Queste campagne di disinformazione, pur diverse nei dettagli, condividono lo stesso obiettivo: distorcere la realtà del conflitto in Ucraina, minare il sostegno internazionale al paese e destabilizzare la percezione pubblica attraverso menzogne ben orchestrate.
Il documento, frutto della collaborazione tra diverse organizzazioni internazionali di fact-checking, dimostra come la disinformazione transfrontaliera sia una minaccia reale e presente. Le teorie del complotto, spesso fondate su stereotipi di genere e sulla paura, vengono utilizzate come strumenti di propaganda per destabilizzare governi e delegittimare leader politici.