Il piano segreto per ribaltare l'elezione del 2020: Donald Trump alla sbarra?

2 Ottobre 2024

Immunità presidenziale o abuso di potere? Il governo degli Stati Uniti contesta la richiesta di immunità per Donald Trump

Il documento che andremo ad esaminare riguarda un caso legale di grande rilevanza per la storia americana: il tentativo di Donald Trump di ribaltare i risultati delle elezioni presidenziali del 2020. Si tratta di una mozione presentata dal governo degli Stati Uniti che chiede al tribunale di non concedere l'immunità a Trump per le sue azioni che, secondo le accuse, avrebbero cercato di ostacolare il processo democratico. Nonostante Trump fosse ancora presidente durante gli eventi descritti, il governo sostiene che le sue azioni fossero motivate da interessi personali e non avessero nulla a che fare con il suo ruolo ufficiale.

Il documento è stato redatto dal governo degli Stati Uniti e presentato presso la Corte Distrettuale del Distretto di Columbia. Si tratta di una mozione legale che contesta la richiesta di immunità avanzata da Donald Trump per le accuse relative al suo tentativo di ribaltare i risultati delle elezioni presidenziali del 2020. Il documento è stato redatto il 2 ottobre del 2024 e ha lo scopo di dimostrare che le azioni di Trump, svolte nel tentativo di interferire con il processo elettorale, non rientravano nei suoi doveri ufficiali come presidente, bensì erano azioni private come candidato, e quindi non protette dall'immunità presidenziale. L'obiettivo finale è garantire che Trump venga processato per i suoi presunti crimini, come qualsiasi altro cittadino.

L'accusa sostiene che Trump, insieme a diversi co-cospiratori, abbia agito in qualità di candidato e non di presidente, utilizzando una serie di mezzi fraudolenti per interferire con il conteggio dei voti e la certificazione dei risultati elettorali in sette stati chiave. La mozione spiega come il comportamento dell'ex presidente includa falsità deliberate e tentativi di indurre funzionari statali a cambiare i risultati delle elezioni, fino ad arrivare alla mobilitazione di una folla infuriata che ha assaltato il Campidoglio degli Stati Uniti il 6 gennaio 2021.

In questo documento, il governo cerca di stabilire una linea di demarcazione tra le azioni ufficiali di Trump come presidente e le sue azioni private come candidato, sostenendo che nessuna delle sue azioni incriminate sia protetta dall'immunità presidenziale. Il caso rappresenta un importante precedente nel dibattito su come e fino a che punto un presidente in carica possa essere ritenuto responsabile per azioni che superano i limiti del proprio mandato ufficiale.

Il tentativo di manipolare i risultati elettorali statali: pressioni e bugie per cambiare la storia

Uno degli aspetti centrali dell'accusa contro Donald Trump riguarda i suoi sforzi per manipolare i risultati elettorali a livello statale, un'iniziativa che, secondo il documento legale, è andata ben oltre il semplice tentativo di contestare i risultati. Questi sforzi si sono concentrati su sette stati chiave—Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, New Mexico, Pennsylvania e Wisconsin—tutti persi da Trump nelle elezioni del 2020. Il governo descrive come Trump, agendo da candidato e non da presidente, abbia cercato di piegare la volontà dei funzionari statali al suo favore.

Secondo il documento, Trump ha contattato direttamente i funzionari statali, esercitando pressioni affinché questi ignorassero i risultati legittimi e certificassero invece falsi elettori. Un esempio particolarmente emblematico di questo comportamento è "l'infame" telefonata al segretario di stato della Georgia, Brad Raffensperger, in cui Trump chiese esplicitamente di "trovare" il numero esatto di voti necessari per ribaltare la sua sconfitta. Queste richieste, avanzate con il tono di un presidente in cerca di collaborazione, erano in realtà il tentativo di un candidato di utilizzare la propria autorità per sovvertire il processo elettorale.

Il documento legale mostra come queste azioni fossero attentamente organizzate per prendere di mira solo stati in cui i funzionari, membri del Partito Repubblicano, avrebbero potuto essere più facilmente persuasi a favorire la sua causa. Trump ha scelto di ignorare le sue responsabilità ufficiali di capo dello Stato, che avrebbe dovuto garantire la correttezza e la trasparenza delle elezioni, preferendo invece agire come un semplice "office-seeker" ossessionato dalla vittoria a ogni costo. In alcuni casi, ha anche tentato di diffondere falsità su presunte frodi elettorali, utilizzando dati falsificati o estrapolati fuori contesto per giustificare le sue richieste ai funzionari.

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L'accusa sottolinea anche il fatto che Trump non abbia mai contattato i funzionari elettorali locali, coloro che avrebbero potuto fornire informazioni concrete e accurate sui risultati elettorali nei rispettivi stati. Questo dettaglio rivela come le sue intenzioni fossero ben lontane da un sincero interesse per la verità o la giustizia. Al contrario, Trump ha volutamente ignorato qualsiasi fonte di informazione che avrebbe potuto contraddire la narrativa della "frode elettorale", scegliendo invece di concentrarsi sulle proprie affermazioni infondate, ripetute pubblicamente al punto da diventare una verità alternativa per molti dei suoi sostenitori.

Questi sforzi di manipolazione non si sono fermati al livello delle pressioni personali. Trump ha anche cercato di installare liste alternative di "falsi elettori" nei collegi elettorali degli stati contestati, con l'obiettivo di invalidare i risultati dei veri elettori. Questo tentativo di corrompere uno dei processi più sacri della democrazia americana—la scelta libera e giusta del presidente—ha rivelato quanto Trump fosse disposto a spingersi oltre per ribaltare un risultato che non gli piaceva.

La strategia complessiva descritta nel documento mostra un Trump determinato a usare ogni leva di potere a sua disposizione per cambiare il corso della storia, agendo in maniera sempre più disperata man mano che le sue opzioni legali e ufficiali si esaurivano. Questo comportamento non rappresenta solo una violazione della fiducia pubblica, ma mette anche in luce una sfida diretta ai fondamenti della democrazia americana, dove il potere non appartiene a un singolo individuo, ma al popolo e alle sue scelte espresse attraverso il voto.

La retorica incendiaria di Trump: parole come armi per mobilitare una folla

La retorica di Donald Trump ha giocato un ruolo fondamentale nel mobilitare la folla il 6 gennaio 2021, come descritto nel documento legale. Gli avvocati del governo sostengono che Trump abbia fatto uso sistematico di dichiarazioni pubbliche per diffondere falsità sui risultati elettorali, seminando dubbi sulla legittimità del processo democratico. Questi messaggi, diffusi attraverso discorsi, interviste e tweet, erano mirati a fomentare l'indignazione tra i suoi sostenitori e a farli credere che la vittoria gli fosse stata "rubata".

Il documento evidenzia come Trump abbia insistito ripetutamente sul fatto che l'unico modo in cui avrebbe potuto perdere era attraverso una frode elettorale massiccia. Il culmine di questa narrativa è arrivato il 6 gennaio, quando, durante un discorso a Washington, ha esortato i suoi sostenitori a "combattere come dannati" e a marciare verso il Campidoglio. Questo invito, sebbene velato da un linguaggio apparentemente ambiguo, ha avuto l'effetto di legittimare l'uso della forza da parte dei presenti, molti dei quali si sono mossi credendo di agire sotto le direttive dirette del loro leader.

La documentazione mostra chiaramente che Trump, nel corso delle sue dichiarazioni pubbliche, si è rivolto ai suoi sostenitori come "noi", utilizzando la prima persona plurale per creare un senso di appartenenza e di missione comune. Ha accusato i suoi oppositori politici, in particolare Joe Biden e altri esponenti democratici, di essere parte di un sistema corrotto che cercava di privare lui e i suoi sostenitori della loro vittoria. Questo linguaggio ha contribuito a dipingere il quadro di una battaglia esistenziale per la "salvezza" del Paese, portando molti a credere che l'uso della forza fosse giustificato.

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Inoltre, il documento del governo sottolinea come Trump abbia continuato a fomentare l'ira dei suoi seguaci anche dopo che la situazione al Campidoglio era sfuggita di mano. Alle 2:24 del pomeriggio, mentre la violenza era già in corso, Trump ha twittato un messaggio critico nei confronti del suo vice, Mike Pence, accusandolo di non aver avuto il coraggio di fare ciò che andava fatto per difendere il Paese. Questo messaggio è stato immediatamente letto da alcuni manifestanti attraverso un megafono e ha ulteriormente alimentato la tensione tra coloro che stavano cercando di entrare nel Campidoglio, molti dei quali gridavano slogan contro Pence.

Queste parole, secondo l'accusa, non erano semplici espressioni di frustrazione, ma facevano parte di un preciso schema per mantenere il controllo sulla folla e fare pressione sul processo democratico. La retorica di Trump ha avuto un effetto diretto e misurabile: ha convinto migliaia di persone che la loro azione fosse necessaria per "salvare" il Paese e ha trasformato la sua rabbia personale in un pericolo per l'istituzione stessa della democrazia americana.

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