L'ECRI (Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza) ha pubblicato il suo sesto rapporto sull'Italia, un documento che fotografa luci e ombre del nostro paese nella lotta alla discriminazione e all'intolleranza. Un'analisi dettagliata che ci mostra un'Italia in cammino, ma con ancora molti ostacoli da superare.
Il primo nodo critico emerge subito: l'UNAR, l'ufficio nazionale che dovrebbe combattere le discriminazioni, non ha ancora una vera indipendenza. È come avere un arbitro che dipende da una delle squadre in campo, essendo parte della Presidenza del Consiglio. Una situazione che ne limita l'efficacia e la credibilità.
Nel mondo della scuola, il quadro è più variegato. L'introduzione dell'educazione civica come materia obbligatoria è un passo avanti, così come l'impegno nell'insegnamento della storia e della cultura ebraica. Ma resta un vuoto significativo sui temi LGBTI+ e sull'educazione all'uguaglianza di genere. Un'assenza che pesa sulla formazione dei giovani e sulla costruzione di una società più inclusiva.
Il rapporto lancia un allarme sul clima del dibattito pubblico italiano. La xenofobia sta crescendo, e i toni si fanno sempre più aspri, soprattutto verso rifugiati, migranti e minoranze. Non sono solo parole: nel 2022 sono stati registrati oltre 1.200 crimini d'odio, dalle aggressioni fisiche agli attacchi a luoghi di culto.
Il mondo digitale è diventato il principale campo di battaglia: l'80% dei casi di discriminazione avviene online. Un fenomeno che ha visto un'impennata preoccupante dopo il 7 ottobre 2023, con un'ondata di antisemitismo sui social media.
Anche lo sport non è immune. Gli stadi italiani continuano a essere teatro di canti e simboli razzisti, nonostante alcune iniziative positive come la dichiarazione d'intenti contro l'antisemitismo nel calcio firmata nel 2023.
Ma è forse sul fronte dell'integrazione che emergono le sfide più complesse. In un paese che ospita circa 5 milioni di stranieri, il clima politico tende paradossalmente a promuovere l'esclusione piuttosto che l'inclusione. Non solo attraverso una retorica ostile verso migranti e rifugiati, ma anche attaccando chi li aiuta e persino i giudici che si occupano dei loro casi.
Il Piano Nazionale per l'Integrazione 2022-2024 mostra buone intenzioni, ma si scontra con una realtà frammentata, dove l'accesso ai servizi varia drasticamente da territorio a territorio. Un esempio positivo viene dal SUAM di Roma, un centro che offre servizi integrati per i migranti, ma resta un'eccezione più che la regola.
Particolare attenzione viene dedicata alla comunità Rom. Nonostante alcuni progressi, con la diminuzione delle persone che vivono in insediamenti, persistono problemi gravi: servizi basici insufficienti, sgomberi forzati, alto tasso di abbandono scolastico. Solo un giovane Rom su quattro completa la scuola superiore, un dato che racconta di un'integrazione ancora lontana.
L'istruzione emerge come nodo cruciale per tutti i migranti. Il 10% degli studenti nelle scuole italiane non ha cittadinanza italiana, e questi ragazzi abbandonano gli studi più frequentemente dei loro coetanei italiani. Manca spesso un supporto linguistico adeguato, e il bullismo colpisce particolarmente gli studenti di origine straniera.
Un capitolo particolarmente delicato del rapporto ECRI riguarda il comportamento delle forze dell'ordine italiane. Emergono criticità significative, in particolare nel fenomeno del "racial profiling", ovvero la tendenza a fermare e controllare le persone sulla base della loro appartenenza etnica. Un problema che colpisce soprattutto la comunità Rom e le persone di origine africana.
La situazione pare che sia resa più complessa dall'assenza di dati ufficiali su questi controlli. Le autorità non sembrano riconoscere la portata del problema e non hanno ancora considerato il profiling razziale come una possibile forma di razzismo istituzionale. Non è solo una questione di numeri: questi controlli basati sull'etnia generano un profondo senso di umiliazione e ingiustizia nelle comunità colpite, minando la fiducia nelle forze dell'ordine e scoraggiando le denunce di reati subiti.
Il rapporto cita esempi preoccupanti di comportamenti scorretti: dai rifiuti immotivati di accettare richieste d'asilo alla distruzione di documenti, dagli abusi verbali negli uffici immigrazione fino a episodi di violenza. Particolarmente grave la situazione nei confronti della comunità Rom, con segnalazioni di insulti e violenze anche contro minori, specialmente durante le operazioni negli insediamenti.
L'ECRI riconosce gli sforzi fatti per migliorare la formazione delle forze dell'ordine sui crimini d'odio, ma sottolinea come questi non siano sufficienti. La commissione raccomanda con urgenza uno studio indipendente e approfondito sulle pratiche di profiling razziale e suggerisce la creazione di un organismo indipendente di controllo sulla polizia.
Il messaggio è chiaro: per costruire una società veramente inclusiva, è fondamentale che chi dovrebbe proteggerci sia il primo a dare l'esempio di imparzialità e rispetto dei diritti di tutti.
Il rapporto ECRI ci consegna l'immagine di un paese in bilico. Da un lato ci sono progressi innegabili, dall'altro resistenze profonde al cambiamento. La strada verso una vera società inclusiva è ancora lunga, ma il rapporto fornisce una mappa chiara per proseguire il cammino.
Serve un cambio di passo deciso: dal potenziamento degli strumenti di contrasto alla discriminazione, a un'educazione più inclusiva, dalla lotta ai discorsi d'odio a politiche di integrazione più efficaci. Ma soprattutto, serve un cambio di narrativa nel dibattito pubblico, per costruire un'Italia davvero aperta e accogliente per tutti.